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BPVi e Veneto Banca devono trovare capitali privati per le «svalutazioni» sui crediti deteriorati. UE: lo Stato non può coprire le perdite sugli Npl delle banche "in salvataggio"

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Sabato 25 Febbraio 2017 alle 23:02 | 0 commenti

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L'articolo odierno di Marco Ferrando su Il Sole 24 Ore si riferisce alla situazione attuale di Mps, per la quale è previso un aumento di capitale a carico dello Stato di 6,6 miliardi di euro, ma affronta un tema che sarà presente, con possibili effetti dirompenti, anche nel momento in cui lo stesso Stato dovrà intervenire per salvare Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il "dovrà" pare ineluttabile visto che, senza considerare i 2.6 miliardi di euro di crediti fiscali complessivi delle due banche di cui ancora non si parla... ma che sono un'altra componente negativa da "coprire", si parla ora di un aumento complessivo necessario per le due ex Popolari venete di almeno 5 miliardi di euro. Se ci accusavano quasi di terrorismo finanziario quando noi tempo fa ne prevedevamo 5.7 a fronte dei solo 2.5 strombazzati dalle solite veline locali, ma questa è la solita storia, perchè le considerazioni odierne su Il Sole impattano anche sulla BPVi e su Veneto Banca? 

 

Ma perchè, usando le frasi usate da Ferrando per Mps e cambiando solo i nomi delle banche e togliendo i numeri precisi, che si conosceranno a breve, viene fuori una sentenza che è un'altra mazzata sul futuro dei due istituti veneti.

Ecco come diventano le chiave frasi di Ferrando "venetizzate" con i cambi annunciati: "E qui si viene al dettaglio relativo agli Npl e all'intervento dello Stato. La disciplina europea sugli aiuti di Stato, ha ricordato Bruxelles nelle prime interlocuzioni informali dei giorni scorsi, prevede che le risorse pubbliche non possano essere utilizzate per coprire perdite già registrate o prevedibili. Morale: Vicenza con Montebelluna (il collega aveva scritto Siena, ndr) non potrà utilizzare i miliardi in arrivo dallo Stato per coprire le svalutazioni sui crediti deteriorati, ma dovrà limitarsi a utilizzare il capitale proprio...".

E, se lo staranno già chiedendo preoccupati i rispettivi presidenti Gianni Mion e Massimo Lanza, da dove verranno quegli altri, non pochi, miliardi per BPVi e Veneto Banca?

Mah, intanto leggiamo quello che sta per succedere in Mps...

 

Banche. Il monito della Ue: solo capitali privati per il «buco» sui crediti
Mps, lo Stato non potrà coprire le perdite sugli Npl 

Il problema è politico, e non pare di rapida soluzione. Ma c'è un dettaglio tecnico che nei giorni scorsi sembra aver messo chiaramente in risalto il cul de sac in cui è finita Mps, alle prese con un piano industriale che inevitabilmente avrà nella dismissione degli Npl il suo elemento chiave: le risorse pubbliche, pari ad almeno 6,6 miliardi, non potranno essere utilizzate per coprire le perdite derivanti dalla svalutazione delle sofferenze. Un dettaglio. Che, però, secondo quanto risulta a Il Sole, negli ultimi giorni ha complicato non poco la stesura del piano, attualmente allo studio della banca insieme agli advisor Mediobanca e Lazard (più Vitale e Co. al fianco dei consiglieri indipendenti) ma poi destinato a esser negoziato su più tavoli.

Un passo indietro. Prima banca a ritrovarsi contemporaneamente sotto i ferri di Banca centrale europea e Commissione europea, da gennaio Mps sta sperimentando sulla propria pelle quanto sia difficile mettere d'accordo due authority che chiedono nei fatti l'opposto. Francoforte vuole una ricapitalizzazione più ampia possibile (tanto è vero che a dicembre ha alzato il fabbisogno da 5 a 8,8 miliardi), Bruxelles preferirebbe qualcosa di poco invasivo perché si tratta di risorse pubbliche e quindi di aiuti di Stato.

Un problema politico prima che finanziario, come si diceva, che vede Mps (e un po' anche l'Italia) subire un assetto senz'altro non ottimale della governance bancaria europea.

E qui si viene al dettaglio relativo agli Npl e all'intervento dello Stato. La disciplina europea sugli aiuti di Stato, ha ricordato Bruxelles nelle prime interlocuzioni informali dei giorni scorsi, prevede che le risorse pubbliche non possano essere utilizzate per coprire perdite già registrate o prevedibili. Morale: Siena non potrà utilizzare i 6,6 miliardi in arrivo dallo Stato per coprire le svalutazioni sui crediti deteriorati (per ora 28 miliardi), ma dovrà limitarsi a utilizzare il capitale proprio e i 2,2 miliardi derivanti dalla conversione dei bond subordinati. Una variabile non da poco, che pertanto ha spinto il ceo Marco Morelli e il cfo Francesco Mele a proporre al board di cedere i 28 miliardi di Npl in un'unica maxi-operazione ma non prima del secondo semestre, in modo da avere numeri certi e poter trattare al massimo sul prezzo.
Ma potrebbe non bastare: il denaro pubblico non potrà essere impiegato neanche per coprire perdite prevedibili. Che però sono assai difficili da prevedere, vista la complessità del sottostante (che fisiologicamente si deteriora giorno dopo giorno) e in più un'ispezione in corso proprio della Bce, che non prima della primavera inoltrata potrebbe cambiare il perimetro degli Npl della banca. Di qui, appunto, l'impasse: mettere a punto una terapia shock sui crediti (come gradito alla Bce) ma al tempo stesso su numeri certi (come preteso dalla Commissione). La quadratura del cerchio non è facile, e difficilmente il piano potrà finire giovedì in cda: per l'approvazione del board si dovrà almeno aspettare la settimana successiva, per poi avviare una trattativa che difficilmente si chiuderà prima di maggio. Improbabile, quindi, che lo Stato possa entrare prima dell'estate, e che i titoli - azioni e bond senior - possano tornare agli scambi a breve.
Sempre a proposito di titoli, però, c'è da registrare una novità importante. Secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore, in settimana Mps ha chiuso il collocamento dei 7 miliardi di bond a garanzia statale emessi a gennaio e inizialmente acquistati direttamente dalla banca; nel dettaglio, cinque miliardi sarebbero finiti a investitori istituzionali, altri due invece sarebbero stati utilizzati sottoforma di repo. A quanto si apprende, così come è avvenuto per Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, il riscontro del mercato è stato positivo: i titoli, d'altronde, sono stati emessi con cedole ben superiori ai BTp pur a fronte di un rischio analogo vista la garanzia dello Stato.

di Marco Ferrando, da Il Sole 24 Ore


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