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Lapide su Torre Bissara: 1778, cacciato Camerlengo Boldù, ladro dei soldi "di tutti". Oggi la Vicenza derubata da BPVi non dedica una lapide a Zonin, Zigliotto, Marzotto & c. ma premia "famiglie" del Beato di Gambellara

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Giovedi 2 Giugno 2016 alle 16:15 | 0 commenti

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"Andrea Boldù fu De S. Andrea fu bandito li III ottobre MDCLXXXXVIII per gravissimo intacco di cassa fatto nella Camera di Vicenza essendo Camerlengo in questa città": così è scritto su una lastra di marmo inserita nelle mura della Torre Bissara sita al centro di Vicenza (vedi foto) che ci ha incuriosito e indotto a cercare più informazioni sul Camerlengo ladro di soldi della città e perciò da questa scacciato con ignomina il 3 ottobre 1778. Ed ecco che sul sito "Miglioverde, la voce degli indipendentismi" leggiamo del trattamento riservato dalla "dominante" Repubblica di Venezia ai suoi pubblici ufficiali che si sono dimostrati infedeli: " Siamo esattamente al 3 Ottobre 1778 ed un alto funzionario dello Stato (nella repubblica di Venezia diversi magistrati sovrintendenti alle attività economiche portavano il titolo di Camerlenghi de Comùn) è bandito, perché si è impossessato di denari dell'erario, cioè di tutti, e ciò malgrado appartenga ad una delle famiglie patrizie che da sempre governano la repubblica..."

"Non ci sono dunque nepotismi o eccezioni che contano - aggiunge con orgoglio Migliovedre -. Chi sbaglia paga, ed il Camerlengo Andrea Boldù, vale a dire colui che amministra il tesoro e i beni dello Stato nella città di Vicenza che da lui retta prende anche il nome di "Camera" viene espulso...". Bene.

Lapide sulla Torre Bissara di Vicenza con Facciamo un salto ai giorni nostri e, a nome dei 118.000 soci, tra cui enti religiosi e fondazioni, a cui sono stati sottratti 6,5 miliardi di euro con operazioni al vaglio anche della , ci viene da chiedere a chi ci governa, ci amministra e ci giudica se meritino la stessa sorte e la stessa lapide "in onore" del Camerlengo Boldù, ladro del denaro "di tutti", quelli che hanno fatto dissolvere nel nulla la ricchezza attuale e quella futura della città e di tutto il nostro territorio, cioè i vari Gianni Zonin, Giuseppe Zigliotto, Samuele Sorato e tutti coloro hanno agito che in loro compagnia, consapevoli o, paradossalmente peggio, "a loro insaputa".

Un tempo, sostiene Miglioverde almeno quella cacciata e quella lapide sarebbero toccata a lor signori  pur appartenendo a famiglie (ben poco patrizie) che "da sempre governano questa (parte di) repubblica", come ha denunciato inascoltato e subito silenziato anche il vice sindaco di Vicenza e delfino di Achille Variati, Jacopo Bulgarini d'Elci?

E oggi?

Parrebbe proprio di no, anzi, le "famiglie" dei boss vengono sempre più premiate a voler giudicare dall'elezione a presidente di Confindustria di Luciano Vescovi, figliocco di Giuseppe Zigliotto, e alla nomina alla presidenza del Cda del Teatro di Roberto Ditri, che Bulgarini ha dovuto applaudire e che per Alessandra Moretti ha gestito la raccolta dei fondi elettorali con la benedizione ricevuta fin dall'inizio nella cena elettora con Samuele Sorato a casa Maltauro.  

E se poi le famiglie da premiare sono anche "patrizie", beh, dulcis in fundo, ecco servita la riconferma a presidente della Fiera di Vicenza di Matteo Marzotto, membro tuttora di quel Cda malefico della BPVi e, tanto epr gradire, condannato a 10 mesi, sia pure in primo grado, per una mega evasione fiscale da estero vestizione della cessione, a sua insaputa dice, della società di famiglia che presiedeva.

Ci manca solo che Gianni Zonin, dopo le sue domenicali "confessioni", e relative assoluzioni, nella sua tenuta di Cà Vescovo non venga proposto per la beatificazione, magari non da tutti i 118.000 soci impoveriti ma da un gruppo, di certo ridotto ma aristocraticamente più qualificato, composto da  quelli arricchitisi alle spalle degli altri vedendosi riconoscita la vendita privielgiata delle loro azioni.

Imprenditori di Vicenza, ahi. Sindaco di Vicenza, ahi ahi. Decine di migliaia di vicentini truffati ma silenti ahi, ahi, ahi...

Non disperiamo, quindi, "sic stantibus rebus" (stando così le cose, ndr) di leggere notizie sulla causa relativa a Zonin, non quella penale, per carità, su cui il foglio locale ha intervistato il Procuratore Cappelleri il 31 maggio per ripetere il 1° giugno, con minor ricchezza di annotazioni, domande e risposte che noi abbiamo posto e ricevuto il 9 dello stesso mese.

Se causa si celebrerà, questa sarà, quindi, sarà rigorosamente religiosa e su certa stampa locale, che ha riempito i suoi archivi, a futura memoria, del racconto affascinato dei poderosi meriti acquisiti nel suo ventennio, ne leggeremo, allora sì, a profusione.

Fino alla beatificazione del re del vino, desideroso di mettere sulle sue bottiglie il bollino con foto da "Beato di Gambellara", dopo quello del Beato di Breganze che campeggia sull'omonimo e concorrente vino.


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