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Il Movimento Risparmiatori Traditi è il primo partito dei soci truffati da Veneto Banca, BPVi e non solo. Il piovese Alberto Artoni: "si estende da nord a sud, siamo in due milioni"

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Mercoledi 20 Dicembre 2017 alle 23:28 | 0 commenti

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È il veneto Alberto Artoni ("faccio l'ingegnere edile come seconda professione, la prima è quella di socio truffato dalle banche venete") ad annunciarci in anteprima assoluta che è nato con sede a Roma, il Movimento Risparmiatori Traditi, il primo partito che vuol raccogliere intorno a sè i soci delle banche fallite, in un modo e nell'altro. Per il sessantatreenne professionista ("anche l'edilizia soffre dei crac bancari"), nato a Piove di Sacco "il Movimento si estenderà dal nord al centro fino al sud, perchè ad essere stati truffati sono tutti, in tutta l'Italia". 

Ed altri rischiano di perdere i loro soldi investiti in altri istituti a rischio. Ci sono, infatti, quelli che, dopo la Carige, dovranno portare a termine onerosi aumenti di capitale, come il Credito Valtellinese, e banche, come la Banca Popolare di Bari, che vivono  situazioni che assomigliano tanto a quelle pre flop della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca.

Ai già truffati e agli azionisti a rischio si rivolge, ci dice il suo fondatore veneto, il Movimento Risparmiatori Traditi, che nel suo simbolo aggiunge la scritta 'No salva banche' (nella foto con Artoni): "se gli azionisti e gli oobligazionisti risparmiatori azzerati o fortemente impoveriti, come chi ha investito in MPS, sono almeno e ad oggi 500.000 non dimentichiamo che intorno a loro c'è una famiglia. Se ci limitassimo a pensare a nuclei di 4 persone con dirito al voto senza allargare troppo il perimetro degli "arrabbiati', è di almeno due milioni di voi il bacino potenziale di elettori che sanno sulla propria pelle quanto è costata la malagestio pratica e politica delle banche a cui avevano affidato i loro soldi...".

"Ma altri, tanti altri sanno - conclude l'ing. Artoni del Movimento Risparmiatori Truffati -, che, se si continua così, per l'italia non c'è futuro, per cui a loro spiegheremo che è meglio affidarsi non a politici parolai e di mestiere ma a chi sta pagando in proprio i loro errori".

Se il messaggio è forte e chiaro e di sicuro sta arrivando alle orecchie di chi in Parlamento vuole andare o vuole tornare, è utile fare qualche considerazione "politico-elettorale".

Il tracollo di un (de)nutrito gruppo di banche, in primis le due più grandi Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, trova le sue origini pratiche ed economiche nelle primigenie colpe di chi le ha gestite male e di chi, poi, le ha controllate peggio e così omertosamente che è stata evitata dalla Commissione d'inchiesta sulle banche, in buona parte più interessata al gossip su Maria Elena Boschi che alle sorti dei soci truffati, l'audizione di Franco Antiga, che ai tempi di Vincenzo Consoli era vice presidente della ex Popolare di Montebelluna ed avrebbe ascoltato, secondo l'ex Ad, Carmelo Barbagallo "non negare" il suo sempre negato "consiglio" di consegnarsi senza condizioni nelle mani di Gianni Zonin.

In questo quadro di partenza, complicato dalle nuove normative europee del bail-in e dalla legge sulla trasformazione in Spa delle ex Popolari, è naturale per gli potenziali elettori (saranno sempre meno?) dare gran parte di responsabilità dei mancati salvataggi delle banche collassate e dei loro soci truffati al governo in carica, il cui "azionista" di maggioranza, è oggi il Partito Democratico, che, quindi, pagherà di sicuro il conto elettorale più salato dei vari crac.

Ma non c'era e non c'è stato sempre e solo il PD o un suo qualunque progenitore, anzi..., a governare se i fallimenti delle banche dei nostri giorni hanno origine negli apparentemente "lontani" anni della prima decade del terzo secolo, in cui già si chiudevano occhi, orecchi e... nasi su Bankitalia (non c'era, ad esempio, Mario Draghi già ai tempi dei misfatti originari di MPS e delle coperture di BPVi?) e sui poteri finanziari sempre più dominanti sulle sorti dell'Italia (la riunione sul Britannia del 1992 ne è la rappresentazione plastica) e spesso facili da associare agli interessi delle varie mafie e alle influenze delle logge massoniche.

Non si può, allora, ragionevolmente gettare la croce solo sul Pd perchè qualunque governo con qualunque partito di maggioranza a sostenerlo ha fatto e avrebbe fatto lo stesso: inginocchiarsi a disegni "superiori" che non solo stanno azzerando le nostre banche, con la complicità dei loro manager e dei lacunosi se non interessati controlli, ma hanno già terremotato il sistema delle nostre grandi imprese, con la connivenza dei loro proprietari e dell'assenza di un progetto industriale capace di vivere senza gli aiuti di stato.

Ebbene il Pd pagherà di più, ma non sarà facile, per lo meno per chi ha vissuto direttamente o da vicino il dramma del collasso economico dei risparmi, dare fiducia ad altri partiti classici, molti dei quali, se anche oggi sono spesso formalmente all'opposizione, negli anni passati e in quelli vicini, prima e dopo lo scelto dai signori della BCE Mario Monti, hanno avuto o condiviso le stesse responsabilità piantando i semi di alberi nati marci o seccatisi subito e più rapidamente dello "spennacchio" di Piazza Venezia a Roma.

Ci sarà allora che punterà sui 5 Stelle ("per lo meno loro non hanno fatto in tempo a rimanere coinvolti") e chi, preoccupato del contraltare della loro "verginità" obbligata, cioè l'inesperienza,non voterà o penserà al Movimento Risparmiatori Truffati: "siamo in due milioni - ripete Artoni - e le nostre porte sono aperte a tutti i danneggiati e  a tutte le associazioni".

Anche a Luigi Ugone, che continua a dire di non voler fare politica "elettorale" perchè la sua azione è impronata da sempre a scelte poltiche, e Andrea Arman, uno studioso venetista, un po' avvocato, un po' di più ascetico?

"Per loro le porte sono non aperte ma spalancate... Se Ugone è un trascinatore Arman è un fine uomo di cultura".

Se il Movimento ha poco tempo per organizzarsi ma punta ad essere presente nei collegi uninominali puntando sull'estensione della "piaga" del credito, quella già scoppiata e quella ancora sotto pelle, è naturale chiedere ad Artoni qualcosa sui necessari apparentamenti: "per ora - è la sua secca risposta - ci concentramo sull'organizzazione. Da noi, poi, vista anche l'eco mediatica quotidiana, verranno in molti ma noi partiremo sempre dalla valutazione delle corresponsabiltà di ognuno e poi ci ragioneremo su".

In due milioni... 

 

 

 


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