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Sul caso BPVi Antonino Cappelleri e Barbara Maria Trenti in disaccordo su tutto, anzi no: ambedue chiedono 106 milioni. A Gianni Zonin & c.? No, alla banca già in agonia

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Venerdi 2 Giugno 2017 alle 14:23 | 0 commenti

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Oggi sta al collega Diego Neri riassumere in maniera chiara su Il Giornale di Vicenza la sostanza dello scontro da veleni in tribunale tra il Gip Barbara Maria Trenti, che ha "inviato" a Milano un filone delle indagini sulla vecchia BPVi, quello sull'ostacolo alla vigilanza della Consob con sede a Milano, e il Procuratore capo di Vicenza Antonino Cappelleri, che invia... le sue note solo a chi lui gradisce, con ciò discriminando la stampa indipendente in una maniera che lasciamo giudicare ai lettori cittadini, ma che espelle anche dal suo ufficio un collega di Neri senza che altri collleghi prendano cappello e soprattutto senza che il suo direttore muova un dito a tutela del colaboratore. Ma si sa... il potere è sempre da adulare anche se talvolta bisogna ingoiare qualche rospo.

Questo non vale per noi, a cui il dr. Cappelleri, dopo la prima, evidentemente scomoda intervista concessaci a maggio 2016, ha sempre opposto il suo silenzio, giustificandolo con una riservatezza che con altri no ha, lui o il suo team, ma, in attesa che il procuratore, tra una bocciatura e l'altra delle sue istanze principali, ci risponda e che si muova anche l'Ordine dei Giornalisti del Veneto a cui abbiamo inviato, per... competenza, le nostre ultime rimostranze, torniamo alla cronaca puntuale di Neri che ci offre uno spunto importante per il futuro della Banca Popolare di Vicenza.

"Dopo le indagini della guardia di finanza - scrive Il Giornale di Vicenza - , il procuratore e i sostituti Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori avevano sollecitato sequestri per 106 milioni di euro ancorandoli al reato di ostacolo all'attività di vigilanza della Consob. Ora, non è noto se vi siano altre richieste, per altri importi e altri indagati, in relazione a reati diversi (come l'ostacolo alla vigilanza di Bankitalia o l'aggiotaggio). L'ostacolo a Consob sarebbe stato compiuto però non da tutti i 9 indagati, ma solamente - nell'ipotesi degli investigatori - dalla Banca, intesa in senso di istituzione, dal direttore generale Samuele Sorato e dal vicedirettore Emanuele Giustini. Era questa struttura a dover rispondere formalmente a Consob, non il consiglio di amministrazione presieduto da Gianni Zonin. Per questa ragione, i sigilli erano stati chiesti a BPVi (in un momento difficilissimo) e ai due ex manager. È probabile che altre misure possano essere state sollecitate, o lo saranno, anche a carico dell'imprenditore del vino. I sequestri sono stati autorizzati dal giudice, anche se in maniera «provvisoria»...".

Ora ecco il succo di cui scrive Diego Neri e che noi vogliamo sottolineare, senza entrare in tecnicismi che non ci competono (mica siamo Achille Variati?).

Trenti e Cappelleri bisticciano su tutto, e noi ci aspettiamo un'ispezione ministeriale, non essendo il primo caso di contrasti su casi gravi tra ufficio del Gip e Procura di Vicenza, ma non sul "quid": imporre un sequestro da 106 milioni a carico, non di Gianni Zonin, su cui lo stesso GdV ipotizza azioni... future (alla faccia della rapidità locale a cui fa appello il nostro sindaco tuttologo) e degli altri otto indagati personalmente, ma. tra questi, solo a Samuele Sorato ed Emanuele Giustini, ovviamente incapienti per quell'importo, e al decimo indagato, la Banca Popolare di Vicenza, che, a caccia di denari come è (e Neri ricorda il "momneto difficlissimo"), per consentire lo sblocco del salvataggio di Stato palesemente osteggiato dalle autorità europee, dovrà ora combattere anche con l'ingiunzione a pagare 106 milioni!

In un'Italia ingiusta e in una Vicenza che lotta per il primato nell'ingiustizia sarà tutto tecnicamente giusto (anche se Cappelleri parla, anzi scrive agli... amici, di una decisione "abnorme" di Trenti ma solo sulla competenza delle indagini e sulla scarsa fattibilità in 20 giorni dei sequestri ai... non Zonin), è in parte sospetta e di sicuro poco chiara questa concordanza tra Gip e Pm nel "sequestare"  106 milioni a una banca agonizzante.

Se (ecco il sospetto) il rinvio a Milano delle indagini da parte del Gip potrebbe, di fatto e magari non per disegno, consentire quel ritardo nell'esecuzione a danno della BPVi attuale (l'unica che può ancora rimborsare i soci che non hanno aderito alla Opt, Offerta Pubblica di Transazione, e l'unica che, con Veneto Banca, ancora finanzia decine di migliaia di piccoli imprenditori e famiglie locali), appare a dir poco oscura (ecco la mancanza di chiarezza) la strategia attuale di Cappelleri.

Fu proprio lui che giustificò, per iscritto, come legato alla necessità di non compromettere le attività di risanamento appena impostate dalla ex Popolare di Vicenza l'intervento in sordina chiesto dal suo ufficio alla Guardia di Finanza per sequestrare la prima documentazione ufficiale attinente le indagini e avvenuto solo il giorno dopo l'annuncio della garanzia, poi rivelatasi per quello che era, di Unicredit sull'aumento di capitale della Banca.

Allora dr. Cappelleri, magari non risponda al perchè lei privilegi certi canali di comunicazione e non informi tutti in maniera trasparente, ma ci spieghi, è più importante per la città e per il territorio, che ha sempre meno fiducia nelle Iatituzione e vede solo manovre e pressioni, perchè allora fu "prudente" con entità più deboli della Ue, tipo Unicredit, per non danneggiare il futuro della banca e oggi è "aggressivo" dando una mano di fatto a chi a Bruxelles e Francoforte è un bel po' più forte e non fa che sognare di vedere che effetto fa un bail in?

Ad oggi, ci legga Variati, l'unico effetto certo del ritardo in discussione, "abnorme" ritardo, certo che sì ma ancora prima di quello causato da Trenti, è che continua a salvare l'amico di tutti i vicentini del sistema denunciato da Jacopo Bulgarini d'Elci ma forse consente un, ultimo, respiro alla Banca Popolare di Vicenza per trovare i soldi che mancano e a cui oggi, sulla carta dei conti europei, deve aggiungere 106 milioni.

Certo anche è che a Veneto Banca, "incastrata" nei legami carnivori e bankitalioti con la BPVi, la Procura di Roma, che ha seguito tutti i filoni delle indagini in corso, peraltro già chiuse da tempo per la parte di sua competenza, mai ha imposto un sequestro mortale dei beni, eseguito invece nei confronti di chi quella Procura rapidamente ha individuato come possibili responsabili personali...


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