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Convegno BPVi pro Variati: l'avvocato presidente Bertelle smentisce... se stesso. Smetta di avere i piedi in due scarpe e la visibilità gliela diamo noi. Pro associati veri

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Mercoledi 30 Novembre 2016 alle 20:13 | 0 commenti

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Abbiamo, come facciamo sempre con tutti, pubblicato con la massima evidenza riservabile a una nota ufficiale la replica, per altro cortese e senza far appello a leggi, di Renato Bertelle, avvocato nonchè presidente della sedicente Associazione Nazionale Azionisti Banca Popolare di Vicenza, alle nostre obiezioni, che nascono il 15 novembre, sul tardivo convegno sulla BPVi organizzato da lui, come rivendicato anche oggi dal "replicante" stesso e come evidenziato, fin dalla prima conferenza stampa di presentazione, dal sindaco Achille Variati a cui l'incontro, rivelatosi poi un flop per partecipazione e consensi, faceva indubbiamente comodo per rifarsi una verginità là dove è umanamente e tecnicamente impossibile.

Ora, senza ricordare il documento ufficiale (quello col planning iniziale da noi pubblicato già il 15 novembre per rivelare il back stage del convegno burla) in cui Bertelle era l'unico relatore sul palco tra le Associazioni, pur essendo la sua per sua stessa ammissione, minimale, e, quindi, senza annoiare i lettori, dedichiamo qualche osservazione a Bertelle e a quelli che gli "riferiscono di un autentico stillicidio di attacchi" alla sua persona (ma a Vicenza nessuno, neanche Robin Hood Bertelle, è capace di dire: "io ho letto e io protesto!"?).

Se, come l'avvocato afferma che "lei e la testata che dirige avete riconosciuto che alcuni interventi sono stati utili", è completamente falso il plurale (" e altri sicuramente meno") e che "almeno per questo, l'incontro è servito a riportare l'attenzione pubblica sul problema", perchè gli ricordiamo che l'intervento di Stefano Righi, il nostro collega de Il Corriere della Sera nonchè recensore del nostro libro "Vicenza. La città sbancata" oltre che autore del volume "Il grande imbroglio", è stato l'unico di analisi completa con tanto di nomi e cognomi e l'unico che ha reso pubblica l'accusa diretta anche agli amministratori locali ossequiati da Bertelle e a certi media indigeni, il cui emblema era il moderatore di Tva. Quell'intervento è stato l'unico sinceramente applaudito dai soci traditi ma anche quello per il quale "l'attenzione pubblica" e mediatica si è risolta in una stretta di mano dei presenti e in due righe sui giornali locali.

Delle affermazioni di Gianni Mion e del sottosegretario Pier Paolo Baretta, gli altri due autori di interventi dignitosi, terremo memoria per verificarne la sincerità mentre sulle gran parte delle altre stendiamo un velo pietoso che i presenti hanno trasformato in fischi e urla disperate.

Ma dove Renato Bertelle, avvocato e presidente di un'associazione capace di non intuire neanche un minimo di conflitto di interessi, ci fa iniziare a sorridere, per essere magnanimi, è quando ci replica: "Circa l'involontario lessico che mi ha portato ad enunciare i miei "300 clienti", desidero farLe presente che dei 487 iscritti alla Associazione che presiedo soltanto 20 (venti) sono miei clienti...».

Insomma, dopo aver letto la sua replica, lo abbiamo capito che Bertelle si dequalifica da solo: se un legale sbaglia, nell'intervista da noi riportata, usando un "involontario lessico" per definire clienti gli associati, auguri ai suoi clienti o associati che siano per i dibattiti e le udienze in cui si impegnasse a tutelarli!

Se poi Bertelle, provando a smentirci, smentisce se stesso alla "peggio el tacòn del buso" e dice che i 300 clienti non sono clienti e che non sono 300 ma 487 gli associati (afferma ora), è evidente a tutti quanto sia preciso, puntuale e affidabile il nostro Renato quando prova a dimostrare con questi ragionamenti e questi dati di «aver contribuito ad organizzare un convegno che non aveva minimamente il fine di "sdoganare" alcuno...».

Per fortuna, verrebbe da dire, che solo 20 di quei 300/487 clienti/associati si sono affidati all'avvocato, che, però, e il suo animo commerciale torna in prima linea, ci tiene a informarci che «un centinaio di persone che mi hanno nominato loro difensore mi sono stati inviati dalla Casa del Consumatore di Schio, con cui ho sottoscritto un accordo, a riprova del mio impegno alla causa...».

Che brutto "lessico", leggasi italiano e etico, quando Berlelle parla di 100 persone "inviate" al suo studio, neanche fossero pacchi postali, e quando pare di capire che la "causa" è importante, sì, ma che le "cause" lo sono molto di più.

Eppure nella sua smentita in cui smentisce se stesso Renato Bertelle, che non si vergogna di quella che per lo meno è una sua confusione mentale tra i concetti di difesa etica, quindi volontaria, e di tutela legale, quindi a parcella, una cosa vera la dice quando parla di «migliaia di soci della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca così vergognosamente imbrogliati».

Allora, caro Bertelle, faccia l'avvocato e smetta di fare il presidente di un'associazione, il cui consiglio direttivo, di sei membri e non sette, ecco un'altra bugia, mi dicono, della sua intervista, ne ha visti ben quattro lasciarla alle sue confusioni di ruolo.

In cambio del suo bel gesto e per la sua umana e professionale visibiltà le offriamo noi uno spazio giornalisitico, gratuito ovviamente, per noi e per lei, per informare su cosa sarebbe meglio fare tutti, clienti suoi e altrui e associati di associazioni non collaterali ad uno studo del proprio presidente.

Se, poi, lei che mi ha gratificato sabato 26 con uno stizzito e minaccioso "ehi, giovane" e oggi, da me ricondotto al concetto di educazione, si ricorda, nel replicarmi, della mia purtroppo lontana laurea in ingegneria, volesse sdebitarsi con me per una visibilità ben maggiore sulle nostre colonne di quella, ben misera, della sala vuota del Teatro Comunale, le consentirei di organizzare un convegno, questa volta sì ma pagando la sala e non utilizzando gratuitamente uno spazio riservato al Comune ma che normalmente costa migliaia di euro.

Su quale tema lo andrbbe organizzato?

Ma, avvocato, è evidente, sulla libertà di stampa dopo che Domenico Basso di Tva, a seguito del mio deciso intervento per far parlare non solo i soloni imbonitori ma la gente disperata, che si voleva accontentare con domande scritte da compilare all'ingresso (pazzesco, intollerabile, vergognoso!), mi si è rivolto col cortesissimo avvertimento «da tempo mi parlano di lei» (chi sono quelli che gli parlano? I suoi datori di lavoro che stanno dalle parti di Confindustria?) seguito dalla minaccia «la faccio accompagnare fuori...!» (chi, lui? Era il padrone di casa al posto di Variati che co-organizzava e per conto di chi lo era?).

Lo organizzi il convegno, le faccio pubblicità gratuita e la autorizzo a... sdoganarsi.


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