Grazie a Gianni Zonin, Achille Variati, Confindustria e i loro sodali ecco la triste immagine di Vicenza in Italia: è... la Verità
Venerdi 19 Maggio 2017 alle 22:32 | 2 commenti
«Sparisce sua maestà Gianni Zonin e il sistema resta vedovo. Perde i pezzi pure la Fiera di Vicenza. Sgretolato il potentato che da 20 anni gravitava attorno a BPVi. In liquidazione la Camera di Commercio di Vicenza. Il Vicenza Calcio, precipitata di C, rischia il fallimento»: nel titolo e nel sommario dell'articolo odierno di Ignazio Mangiano, che vi proponiamo di seguito, sono messi in fila i fatti che da tempo raccontiamo e che hanno "sbancato" e "demolito" una città intera e il suo territorio, economico ed umano grazie all'azione congiunta di Gianni Zonin, Achille Variati, i vertici di Confindustria Vicenza e i loro innumerevoli sodali, i principali dei quali elencati dal collega.
D'altronde questa è La Verità , che, in questo caso, non a... caso è anche il giornale per cui ha scritto il collega Ignazio Mangiano fotografando una Vicenza che prova a non essere cancellata anche dall'Unesco per l'ecomostro di Borgo Berga ma sta tutta nel balcone della sede storica della Banca Popolare di Vicenza pieno di fiori secchi e nell'aqcua melmosa e lurida della Seriola ai Giardini Salvi sempre a un passo dal centro.
Leggete, vicentini, e reagite, se volete. Altrimenti zitti e a cuccia!
Il direttore
Sparisce sua maestà Zonin e il sistema resta vedovo. Perde i pezzi pure la Fiera
Sgretolato il potentato che da20 anni gravitava attorno a Bpvi. In liquidazione la Camera di Commercio. La squadra di calcio, precipitata di C, rischia il fallimento
di Ignazio Mangiano, da La VeritÃ
A ricordare ai vicentini che non esiste limite al peggio è stato César Alejandro Falletti Dos Santos, uruguaiano, centrocampista della Ternana. Una bordata dalla distanza al ventesimo minuto del secondo tempo ha gelato il Menti e spinto il Vicenza già di Paolo Rosi e Roberto Baggio verso l'inferno della serie C, o Lega pro che dir si voglia.
Il progetto del presidente, Alfredo Pastorelli, di riportare in alto la squadra biancorossa si schianta al primo giro di giostra e più che retrocedere la società adesso rischia davvero di fallire. Mica male per un imprenditore il cui business più redditizio è proprio quello di acquistare a prezzo da saldo i crediti di imprese decotte e per poi andare a riscuotere il dovuto dai debitori. E che all'inizio della sua avventura, per ora calcisticamente sfortunata, era perfino riuscito a strappare una sponsorizzazione da 600.000 euro alla periclitante (pericolante in... arcaico, ndr) Banca Popolare di Vicenza, in quel momento diretta dal salvatore di turno. L'amministratore delegato Francesco Iorio, a sua volta beneficiario di uno stipendio annuo di 1,7 milioni, più successiva buonuscita. Nonostante l'obiettivo di mettere in sicurezza l'istituto di credito fosse tutto da raggiungere. E non è raggiunto adesso, mentre l'attuale boss, Fabrizio Viola, il cui stipendio è un terzo di quello del predecessore, sta cercando di strappare alla Commissione europea l'autorizzazione (questo tocca fare, e poi ti stupisci di Brexit) a usare i soldi del contribuente italiano per evitare il crac.
MORTADELLA E GRANA
Tutto si tiene, in questa città dove non tiene più niente. Il sistema solare berico è saltato per aria quando si è trovato senza sole. Sì, negli ultimi 20 anni tutto il sistema di potere vicentino gravitava attorno a Gianni Zonin, viticoltore di professione e banchiere eletto con percentuali bulgare dai soci della Popolare, felici di partecipare una volta all'anno all'assemblea arricchita da brindisi con pregiati vini della Casa vinicola Zonin. ça va sans dire, e con spuntini a base di mortadella e grana. Nel 1996, quando prende in mano le redini del potere, la banca ha poco più di 100 sportelli concentrati nel Vicentino: li porterà a superare quota 600, con obiettivo dichiarato di arrivare a quota 1.000 grazie alla generosità dei soci, passati da 20.000 a 117.000, nel sottoscrivere aumenti di capitale a prezzi stratosferici confidando nell'abilità di questo imprenditore diventato il più potente, il più temuto, il più riverito. Ora non può passeggiare per corso Palladio, pena il rischio di venire, nella migliore delle ipotesi, insultato da uno dei 35.000 (solo nel Vicentino) soci che hanno perso i risparmi in quella che pensavano fosse la musina del popolo, ma fino a un paio di anni fa a Vicenza non si muoveva foglia senza il via libera del presidente. C'è stato un momento in cui qualcuno ha provato a fargli capire che non poteva atteggiarsi a padre padrone di tutto e tutti. A parte l'attacco frontale, ma non riuscito, di un gruppo di soci nell'assemblea del 2001, capeggiati da Franco Masello all'epoca titolare della Deroma, azienda leader nella produzione di vasi, e poi animatore della fondazione Città della speranza, che finanzia la ricerca e la cura dei bambini leucemici, verso la metà degli anni 2000 in via Framarin, sede di Bpvi, è andato a bussare un rappresetante della ricca e potente famiglia Amenduni, proprietaria delle Acciaierie Valbruna! «Caro cavalier Zonin» è stato il succo del discorso, «noi siamo i soci più pesanti della banca e gradiremmo un posto in Consiglio di amministrazione».
LA GUERRA PER IL CDA
Ecco, la guerra è scoppiata in quell'occasione. Don Nicola Amenduni, patriarca della famiglia e dell'azienda (oggi ha 99 anni e va ancora in fabbrica), appoggiava la richiesta dei figli. D'accordo che era una Popolare, una testa un voto, ma con azioni per quasi 100 milioni di euro un posticino in cda era il minimo che si potesse immaginare, considerato che la Banca d'Italia, nonostante la vicinanza tra Antonio Fazio e il presidente, aveva già avuto da ridire sulla qualità delle discussioni di quel consesso. Invece Zonin, convinto di aver ormai tutto il potere saldamente in mano, disse di no. Da quel momento in poi Vicenza cominciò a sgretolarsi. I presidenti di Confindustria Vicenza presenti e futuri, da Roberto Zuccato a Giusepe Zigliotto (fresco di matrimonio omosessuale in municipio), a Luciano Vescovi, quest'ultimo a bordo della controllata Banca nuova, vennero, come dire, coalizzati all'interno del cda di Bpvi. La conseguenza, qualche anno dopo, fu la clamorosa uscita da Confindustria proprio degli Amenduni, mentre infuriava la crisi dopo il crac di Lehman negli Stati Uniti.
E con la crisi, paradossalmente, aumentava il potere di Zonin: Confindustria organizzava convegni contro la stretta creditizia imposta dalle grandi banche e la Popolare di Vicenza, col plauso della Banca d'Italia, erogava credito a manetta, salvando aziende già morte, specie nel settore edile. Ed è proprio la mancata restituzione di quei prestiti, deliberati su proposta del direttore generale Samuele Sorato, la causa principale del crac della banca.
IL FENOMENO LADYLIKE
La banca e Zonin, Zonin e la banca. Vicenza è ruotata, e adesso rotola, attorno a questo binomio inscindibile. Lo sa bene il sindaco, Achille Variati, discepolo di Mariano Rumor, che adesso è l'unico punto di riferimento del potere, o di quello che è rimasto. Sì, dall'economia e dalla finanza, il testimone è passato alla politica. Nel 2008 il centrodestra gettò le chiavi di palazzo Trissino candidando a sindaco Lia Sartori, l'eurodeputata che finirà nell'inferno giudiziario di Giancarlo Galan. Il democristiano Variati vinse, dopo 8 anni di guida forzista con Enrico Hüllweck, nascondendo il più possibile la sua appartenenza al Pd, poi nel 2013 venne eletto per la seconda volta scegliendo di salire sul carro di Matteo Renzi nel momento giusto. E adesso si ritrova contemporaneamente sindaco, presidente della Provincia e consigliere della Cassa depositi e prestiti. Certo, qualche errore l'ha commesso, tipo quello di scegliersi come vicesindaco al primo giro Alessandra Moretti: se ne accorse subito e la scaricò con gioia alla direzione del partito dove nacque il fenomeno Ladylike. Deputata a Montecitorio, deputata a Bruxelles e consigliera regionale nello spazio di una manciata di anni (dopo, però, essere stata schiacciata da Zaia per la presidenza, ndr): se, come pare, la prossima volta tornasse a Montecitorio stabilirebbe un record. Nel frattempo Variati si sta dando da fare per garantire al suo vice, Jacopo Bulgarini d'Elci, che non ha mai partecipato neanche all'elezione della bocciofila, la candidatura a sindaco alle amministrative del 2018. Ha tutto il Pd contro, a cominciare dai parlamentari Daniela Sbrollini e Federico Ginato, e dagli aspiranti candidati Giacomo Possamai, consigliere comunale, e Antonio Dalla Pozza, assessore alla progettazione. Per non parlare dell'outsider Otello Dalla Rosa, già manager privato e pubblico, sostenuto dal clan di Giorgio Sala, sindaco ovviamente democristiano tra il 1962 e il 1975, uno che i voti li sapeva e li sa conquistare, adesso attraverso la figlia lsabella Sala, anche lei assessore nella giunta Variati. Alla fine questa guerra intestina rischia di rianimare il centrodestra che pensa di proporre l'imprenditore Lino Dainese, che ha ceduto l'azienda omonima che veste Valentino Rossi a un fondo del Bahrein, o il nefrologo Claudio Ronco. Non mancherà ovviamente di agitarsi l'indipendente Claudio Cicero, assessore alla mobilità ai tempi di Hüllweck, poi arruolato da Variati prima del clamoroso licenziamento causato dalla scoperta di un calendario del Duce appeso, con orgoglio, dietro la sua scrivania.
GRILLINI NON PERVENUTI
Dai grillini, invece, a queste latitudini non arrivano grandi notizie: il passaggio di Liliana Zaltron in Consiglio comunale non è stato certo luminoso.
Intanto Vicenza perde i pezzi. La Fiera, sotto la regia del presidente Matteo Marzotto e del direttore Corrado Facco, con il beneplacito di Variali, si è fusa con Rimini: ottima operazione, ma Vicenza conta solo per il 19 per cento, considerando che aveva un debito di 40 milioni (proprio con la Banca Popolare di Vicenza, ndr). La Camera di commercio, presieduta da Paolo Mariani, è in via di liquidazione regionale. La municipalizzata Aim, diretta da Dario Vianello e presieduta da Paolo Colla, è in cerca di un partner ma è appena saltato l'ennesimo tentativo di matrimonio con Verona. Variati sembrava avere stretto un patto d'acciaio con Flavio Tosi, ma il sindaco di Verona è stato stoppato proprio dal Pd scaligero.
I JEANS DI ROSSO
Non è un gran momento nemmeno per i pochi grandi imprenditori della zona. Renzo Rosso, il più glamour e fondatore della Diesel, ha appena annunciato il licenziamento di 37 dipendenti della sede di Breganze. Le vendite dei jeans a 300 euro e passa al paio non sono così automatiche come una volta e a pagare dazio sono i lavoratori. Altri, invece, hanno pensato bene di vendere allo straniero. Di Dainese abbiamo detto, ma anche Marco Barizza e Aronne Miola, titolari del gruppo Forall (marchio Pal Zileri), hanno da tempo ceduto la maggioranza del capitale a una società egiziana. Per il resto resiste la massa di piccoli imprenditori, che magari disertano i grandi giochi di potere delle associazioni, ormai poco rappresentative, ma che sono ancora capaci di conquistare quote di mercato all'estero. Così come corrono gli artigiani, guidati da Agostino Bonomo, presidente di Confartigianato, un'altra associazione reduce da guerre intestine (un classico a Vicenza) da cui è uscito sconfitto Giuseppe Sbalchiero, ex sostenitore di Bonomo. Calano le saracinesche anche in diversi negozi colpiti da una crisi feroce: in compenso da 20 anni e passa resiste alla presidenza di Confcommercio Sergio Rebecca, il più longevo e inattaccabile rappresentante di una categoria che non sa ed evidentemente non vuole cambiare.
Mancava solo che un uruguaiano spedisse verso la serie C il Vicenza calcio, a 40 anni dal miracolo di Paolo Rossi e a 20 dalla vittoria in Coppa Italia con Francesco Guidolin. Resiste la Basilica, in grado ancora di far splendere piazza dei Signori e di ricordare ai visitatori che Vicenza resta una delle città più belle d'Italia. Grazie principalmente ad Andrea Palladio.
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